Tutti ci ricordiamo il mito di Narciso, giovane di bell’aspetto che rapì il cuore della ninfa Eco. Quest’ultima però, a causa di una punizione inflittale da Era, moglie di Zeus, non poteva esprimersi se non ripetendo le ultime sillabe delle parole altrui.
Non potendo esprimere la sua attrazione per Narciso, Eco venne rifiutata e morì per lo struggimento amoroso. Narciso d’altro canto fu punito per la crudeltà delle sue azioni e ricevette come supplizio quello di innamorarsi della propria immagine.
Egli infatti vedendo la propria figura bellissima riflessa in uno specchio d’acqua non volle più lasciare quella radura e si trasformò nel fiore che oggi porta il suo nome.
Il mito ci comunica un duplice messaggio secondo Lowen: se Narciso avesse espresso il suo amore alla ninfa, ella l’avrebbe ricambiato ripetendo le sue stesse parole e pertanto entrambi si sarebbero sentiti amati.
La mancanza di sentimenti e in particolare dell’amore identifica il Narcisista, che “avendo ritirato la libido dal mondo esterno, è condannato ad innamorarsi della propria immagine, dirigendo così la libido verso il proprio io.”
(A. Lowen, Il Narcisismo – l’identità rinnegata- Feltrinelli 1985, pag.33)
La seconda interpretazione suggerita è invece che Narciso rifiutando Eco abbia represso la propria voce intesa come qualcosa che viene dal profondo, portatrice dei valori dell’interiorità e del sé corporeo.
Precludendosi questa espressione si è rifugiato nell’apparenza superficiale nella quale ha trovato rassicurazione e gratificazione libidica.
Proseguendo in un’analisi per così dire “corporea” di questo tipo di personalità possiamo notare che questi individui sono caratterizzati da un’intensa fissità espressiva: lo sguardo risulta assente e spento, quasi a smascherare l’assenza di empatia ma mentalmente sono acuti e vigili.
Il viso e gli occhi sono il centro principale dell’Io e della coscienza, la parte più elevata del corpo, la regione che per prima viene esaminata e guardata dagli altri e il livello del corpo dove si concentrano gli sguardi tra esseri umani.
Intercettare lo sguardo di un altro rende quasi obbligatorio interagire con lui, sia pure per un periodo brevissimo. Le persone si riconoscono tra loro, oltre che per la conformazione generale del corpo e per le fattezze del viso, in particolare tramite gli occhi, per la loro espressione, che è inconfondibile, unica, distintiva.
La vitalità di una persona si misura e traspare dagli occhi, perché sono il luogo nel quale convergono le energie del corpo e danno il segno delle emozioni e delle condizioni psicologiche e fisiche dell’essere umano.
Essi sono, da un lato, il luogo preferenziale ed elettivo nel quale si esprimono la vergogna, l’imbarazzo, il disagio e nello stesso tempo gli strumenti fondamentali su cui si generano gli altri sentimenti, perché essi consentono l’esperienza dell’esposizione allo sguardo altrui, con le relative reazioni emozionali.
Quanto accade nel mito di Narciso rispecchia la caratteristica di queste persone, costrette dalle vicende infantili a rinunciare alla propria autoespressione a vantaggio dell’Io e della costruzione di un’immagine di sé.
Lowen sottolinea tuttavia la distinzione tra la cura del proprio aspetto esteriore guidata dall’attenzione all’alimentazione per esempio o al benessere e alla salute derivanti da un radicato senso di sé, e lo spostamento di tale interesse solo all’immagine e all’esteriorità.
Quello che avviene nel caso del narcisista è una dissociazione dell’Io dal corpo e dal relativo sentire che inizia fin da bambini quando sopraggiungono quelle emozioni primordiali che non incontrano l’approvazione genitoriale e che prospettano al piccolo l’esperienza traumatica del rifiuto e dell’allontanamento, se non addirittura dell’ostilità.
Il narcisista, crescendo, considererà il potere come il mezzo fondamentale per evitare le umiliazioni e per ribaltare la situazione traumatica infantile. In particolare troverà anche nell’immagine e nel suo sostenerla, un mezzo per consolidare il proprio potere apparente in dissonanza con un Io fragile e poco nutrito.
Inoltre il senso di onnipotenza e di conseguente grandiosità del bambino e successivamente nell’adulto, è alimentato dal potere della volontà come forza mentale atta a controllare gli stimoli e i bisogni corporei che non vengono integrati.
Ci potremmo trovare così di fronte a persone con la soglia del dolore bassissima o che addirittura negano di sentire fatica seppure in situazioni limite: segno che la dissociazione dell’Io dal corpo si è manifestata a favore di un’immagine che assume di volta in volta la connotazione di invincibilità, instancabilità, soddisfazione costante di sé, insomma una maschera di felicità ed autorealizzazione.