Un senso d’attesa irrisolta. Il movimento immobile, indizio di qualcosa che non accadrà. Il tempo non scorre, nelle sale della Fondazione Magnani Rocca, improvvisamente abitata da solidità affascinanti e nuove. Giacomo Manzù e Marino Marini sono infatti i protagonisti di una preziosa esposizione tutta da scoprire – dal 13 settembre all’ 8 dicembre – accanto ai capolavori di sempre (Canova, Bartolini…).Una serie di opere ‘grandi’ di due autori raccontati negli anni che li vedevano già acclamati artisti internazionali. Non che le tele (le fotografie addirittura) siano meno affascinanti: dipingono la stessa cifra d’autore, disperdendo nel colore quello che il bronzo fissa con magica forza.
Manzu’ si impone con fluide forme plastiche. Imponenti e curve, interpretano ritratti (lo straordinario e celebre Grande ritratto di signora), diventano segni/simboli (l’inconfondibile volume dei suoi cardinali) , fino a perdersi – inattese – in nature morte. Marino fonde lo slancio di infiniti cavalieri che scolpiscono l’aria. Cavallo e uomo insieme. Archetipo eterno, fusione estrema. Leggeri e dinamici, come le efebiche ballerine. Eppure, di nuovo, qualcosa di immobile. Come un gesto di sempre; istantanea di un Novecento che spezza anche la logica di ogni gravità.
Rita Guidi